QUIS CUSTODIET IPSOS CUSTODES?

Le paure dei genitori

Quis custodiet ipsos custodes? è una frase latina trovata nell’opera del poeta romano Giovenale dalle sue Satire (Satira VI, linee 347-348). È letteralmente tradotto come “Chi custodisce gli stessi custodi?” I genitori sono i custodi dei propri figli e ad essi vengono attribuite, in virtù di questo ruolo, forza, solidità, pazienza, comprensione e capacità di rispondere a tutte le situazioni. I genitori sono però essere umani con punti di forza ma anche limiti, fragilità e paure legate al difficile compito della genitorialità. Quindi anche i custodi hanno bisogno di comprensione e sostegno. Diventare genitori è un processo lento e complesso che inizia già nel momento in cui una persona inizia ad avere fantasie rispetto alla possibilità di avere figli. L’idea di avere figli e di diventare genitore può attivare un complesso articolato di emozioni, comprese delle paure naturali che possono essere accettate e superate da alcuni mentre per altri possono rappresentare un ostacolo che blocca la motivazione a diventare genitore.

Diventare genitori può comportare una vasta gamma di cambiamenti, sia positivi che negativi. Alcuni dei principali cambiamenti che una persona può affrontare sono:

  • Cambiamenti emotivi: L’idea di diventare genitore può evocare una serie di emozioni, come eccitazione, gioia ma anche ansia e preoccupazione.
  • Cambiamenti relazionali: Avere un figlio può avere un impatto significativo sul rapporto con il partner e sulle relazioni con amici e familiari.
  • Cambiamenti finanziari: Avere un figlio può essere costoso e i genitori potrebbero dover apportare modifiche al loro budget per far fronte alle spese aggiuntive.
  • Cambiamenti nello stile di vita: Diventare genitori richiede spesso modifiche significative alla routine quotidiana e allo stile di vita di una persona, come dormire meno e avere meno tempo libero.
  • Cambiamenti di carriera: I genitori potrebbero dover apportare modifiche alla loro carriera, ad esempio prendendosi delle ferie o modificando gli orari di lavoro, oppure rinunciare a possibili avanzamenti di carriera per far fronte alle esigenze della genitorialità. Spesso le madri pagano il prezzo più alto in questo aspetto.
  • Cambiamenti sociali: Avere un figlio può cambiare il modo in cui una persona interagisce con gli altri, poiché potrebbe dover passare meno tempo a socializzare e più tempo a concentrarsi sul figlio.
  • Cambiamenti di identità: Essere genitori può essere un’esperienza trasformativa che può cambiare il modo in cui una persona vede sé stessa e il proprio ruolo nel mondo.

Questi cambiamenti definiscono la genitorialità come una condizione ad alto impatto emotivo in grado potenzialmente di sollecitare fantasmi e angosce che agiscono diversamente su soggetti diversi a seconda della propria storia personale e della personalità. Alcune paure comuni, consapevoli o inconsapevoli, che le persone possono provare quando prendono in considerazione l’idea di diventare genitori includono:

  • Paura di non essere un buon genitore e di commettere errori
  • Paura delle responsabilità e dei cambiamenti nello stile di vita che comporta avere un figlio
  • Paura di non essere in grado di provvedere finanziariamente al mantenimento di un figlio
  • Paura del peso fisico ed emotivo della gravidanza e del parto
  • Paura di perdere la propria libertà e indipendenza personale
  • Paura di trasmettere disturbi o tratti genetici o ereditari
  • Paura che il figlio non sia all’altezza delle aspettative dei genitori
  • Paura di non essere in grado di gestire lo stress e le richieste emotive della genitorialità
  • Paura di non essere in grado di mantenere una relazione sana con il partner
  • Paura di non essere in grado di dare al bambino una vita serena.

Come accennato prima i mutamenti coinvolti nella genitorialità sono così rilevanti e possono attivare dei fantasmi e delle angosce che sono tanto più forti quanto più è stata difficile e dolorosa la crescita del futuro genitore e la sua vita emotiva come bambino e come adolescente.

Persone che hanno un passato emotivo difficile con dolorose storie di relazione con le principali figure di accudimento possono temere di trasmettere ai propri figli le loro ferite psicologiche e i propri traumi affettivi.

Alcuni disturbi emotivi comuni che le persone con una storia di abuso emotivo o di trauma da attaccamento possono temere di trasmettere ai propri figli sono la depressione, l’ansia, il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e il disturbo borderline di personalità. Possono anche temere di trasmettere modelli di meccanismi di coping malsani, come l’abuso di sostanze o l’autolesionismo. È anche possibile che queste persone lottino con problemi di fiducia e di attaccamento, che possono influire sulla loro capacità di formare relazioni sane e nutrienti con i loro figli.

È importante notare che non è garantito che il disturbo emotivo di un genitore venga trasmesso ai figli, ma la ricerca di aiuto da parte di uno psicoterapeuta può contribuire a ridurre le probabilità che ciò accada e a promuovere una genitorialità sana.

L’abuso emotivo e il maltrattamento durante l’infanzia possono avere una serie di conseguenze negative sullo sviluppo e sulla crescita degli adulti. Queste possono includere:

  • Difficoltà a formare e mantenere relazioni sane
  • Bassa autostima e intenso senso di disvalore
  • Difficoltà a fidarsi degli altri
  • Difficoltà a regolare le emozioni e a gestire lo stress
  • Aumento del rischio di problemi di salute mentale come depressione e ansia.
  • Difficoltà a comprendere ed esprimere le emozioni
  • Difficoltà nell’attaccamento e nel legame
  • Difficoltà a stabilire confini psicologici chiari e stabili tra sé e gli altri
  • Difficoltà a comprendere e regolare le emozioni
  • Difficoltà a costruire e mantenere relazioni sane
  • Difficoltà a prendere decisioni

È importante notare che gli effetti dell’abuso emotivo e del maltrattamento possono variare da persona a persona e manifestarsi in modi diversi. Inoltre, è possibile per le persone che hanno subito abusi emotivi e maltrattamenti durante l’infanzia sviluppare la capacità di recupero e superare queste sfide con l’aiuto di una terapia o di un sostegno.

Una persona che ha sviluppato un attaccamento disorganizzato con i propri caregiver durante l’infanzia può trasmettere questo tipo di attaccamento al proprio figlio una volta diventato genitore. Ciò può avvenire attraverso una serie di meccanismi, come la difficoltà del genitore a regolare le proprie emozioni, che può portare a risposte incoerenti e confuse ai bisogni del bambino, o attraverso un trauma o un lutto irrisolto del genitore stesso, che può portare a esperienze traumatiche per il bambino. È importante notare che ci sono molti fattori che possono influenzare lo sviluppo dell’attaccamento, quindi non è garantito che un genitore con un attaccamento disorganizzato lo trasmetta al figlio. Inoltre, la psicoterapia o altri interventi possono aiutare le persone con attaccamento disorganizzato a sviluppare stili di attaccamento più sicuri.

Lo stile di attaccamento di un adulto può influenzare la sua capacità di rispondere mentalmente ed emotivamente ai bisogni dei figli una volta diventati genitori. Le ricerche hanno dimostrato che gli adulti con uno stile di attaccamento sicuro tendono a essere più reattivi e in sintonia con i bisogni dei loro figli e sono in grado di fornire un ambiente sicuro e protetto per la crescita e lo sviluppo dei loro figli. D’altro canto, gli adulti con uno stile di attaccamento insicuro possono avere difficoltà a comprendere e a rispondere ai bisogni dei loro figli e possono faticare a fornire un ambiente stabile e accogliente per i loro bambini.

Secondo la teoria dell’attaccamento di John Bowlby, l’attaccamento è un bisogno umano fondamentale che si manifesta come l’esigenza di un legame emotivo che unisce un individuo e in particolare il bambino, a un’altra persona, in genere un caregiver primario. Questo legame è caratterizzato da una serie di comportamenti e sentimenti da parte del bambino, tra cui la ricerca di vicinanza, l’ansia di separazione sperimentata quando la figura di attaccamento si allontana e un senso di sicurezza e protezione in presenza della figura di attaccamento. L’attaccamento si organizza in differenti stili di attaccamento che prendono forma dalle risposte ricevute dal genitore alle richieste di attaccamento del bambino. La ricerca ha messo in evidenza differenti pattern di attaccamento come sicuro, insicuro, disorganizzato. 

Un bambino con attaccamento sicuro ha interiorizzato l’esperienza con un genitore vicino emotivamente e fisicamente quando lui ne ha bisogno e sperimenta un senso di sicurezza e fiducia nel rapporto col genitore e sente che può contare su di lui/lei per regolare le proprie emozioni.

Un bambino con attaccamento insicuro ha interiorizzato l’esperienza di un genitore distante e indisponibile emotivamente oppure disponibile in un modo imprevedibile, cosa che lascia il bambino in un costante stato di ansia e incertezza. 

L’attaccamento disorganizzato invece caratterizza il rapporto con un genitore caotico, intrusivo, minaccioso e traumatico che terrorizza il bambino e lo costringe a un congelamento emotivo e alla perdita della sensazione di sicurezza e fiducia in presenza di un altro essere umano. 

Più specificamente diversi fattori possono minacciare lo sviluppo di un attaccamento organizzato, tra cui:

  • cure inconsistenti o insensibili da parte di chi si prende cura del bambino
  • Esperienze di abuso o trascuratezza
  • Frequenti cambiamenti nelle figure di accudimento primarie o interruzioni delle relazioni
  • Mancanza di opportunità per il bambino di formare un forte legame emotivo con un caregiver primario
  • Separazione prolungata dal caregiver primario
  • Mancanza di risposta fisica o emotiva da parte dei caregiver primari.
  • Vivere in un ambiente caotico o instabile. 

L’attesa di un figlio però non suscita soltanto paure nel genitore, ma può organizzare tutta una serie di aspettative.

Ci sono diverse motivazioni psicodinamiche che possono portare i genitori ad avere un’aspettativa salvifica nei confronti dei figli. Una è il desiderio di trasferire sul figlio conflitti emotivi irrisolti o sentimenti di inadeguatezza, nella speranza che il figlio sia in grado di risolverli o di compensarli. Un altro è il bisogno di un senso di scopo o di significato nella vita, che il genitore può trovare attraverso i risultati e i successi del figlio. Inoltre, alcuni genitori possono avere un forte bisogno di controllo e vedere il bambino come un’estensione di sé stessi, il che li porta ad avere grandi aspettative per i risultati del bambino e a usare il bambino per soddisfare i propri bisogni insoddisfatti.

Come si è visto diventare genitori può riattivare ricordi ed emozioni inconsce della propria infanzia, in particolare le esperienze con i propri genitori. Questo fenomeno è noto come “trasmissione transgenerazionale” dei modelli genitoriali. Le principali teorie psicodinamiche relative a questa dimensione includono la teoria dell’attaccamento, che sostiene che le esperienze della prima infanzia con i caregiver primari plasmano il modello interno di funzionamento delle relazioni di un individuo con gli altri; e la teoria delle relazioni oggettuali, che sottolinea il ruolo delle rappresentazioni interiorizzate delle relazioni con gli altri nel plasmare la personalità e il comportamento. 

In questa prospettiva legata alla comprensione della trasmissione ai propri figli della propria esperienza infantile si colloca il concetto di “fantasmi nella cameretta” che è stato introdotto per la prima volta da Selma Fraiberg nel 1974. L’idea è che i contenuti inconsci della mente, come le questioni emotive irrisolte o i traumi, possano essere trasmessi dai genitori ai figli e possano avere un impatto negativo sullo sviluppo del bambino. La Fraiberg si riferisce a questi contenuti inconsci come a “fantasmi”, in quanto sono intrusi dal passato dei genitori che non vengono ricordati dai genitori e possono danneggiare il bambino.

In conclusione per citare Piovano:

“Il figlio, fin dal momento della programmazione e del concepimento promuove un cambiamento nei genitori. Un’intensa produzione di fantasie si attiva durante il processo di riorganizzazione della identità personale e di genere cui vanno incontro i genitori nelle fasi del concepimento, della gravidanza, parto, post-partum, allattamento. Il desiderio del bambino (e quindi il progetto cosciente) crea nella mente del genitore uno spazio virtuale atto a contenere l’idea del bambino e di sé stessi come genitori”.

Tutto questo processo porta nel tempo alla costituzione di una struttura identitaria associata al ruolo di genitore, qualcosa che può essere descritto come “sé genitoriale”. Il concetto di “sé genitoriale” si riferisce agli aspetti dell’identità di una persona legati al suo ruolo di genitore. Ciò può includere aspetti quali le convinzioni e i valori sulla genitorialità, le esperienze emotive vissute come genitore e i modi in cui l’essere genitore influisce sul senso di sé. La ricerca in psicologia ha dimostrato che diventare genitore può avere un impatto significativo sull’identità di una persona e che il sé genitoriale è un aspetto importante del concetto di sé complessivo.

BIBLIOGRAFIA 

Bornstein, M.H. (1991). Crosscurrents in contemporary psychology. Cultural approaches to parenting. Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum Associates, Inc. 

Fraiberg S. H. (1999) Il sostegno allo sviluppo. Raffaello Cortina

Giovenale Decimo Giunio. Le Satire. Feltrinelli Editore

Holmes, J. (2017), La teoria dell’attaccamento. John Bowlby e la sua scuola. Milano, Raffaello Cortina Editore

Jude Cassidy e Phillip R. Shaver (a cura di) 2010 Manuale dell’Attaccamento. Teoria, Ricerca e Applicazioni Cliniche – Seconda Edizione. Giovanni Fioriti Editore

Piovano, B. Genitori si nasce o si diventa? www.spiweb.it/la-ricerca/ricerca/genitorialita